Sempre più spesso utilizzati per garantire una maggior conservazione degli alimenti, fra cui la carne, i solfiti sono sostanze conservanti, che permettono di evitare l’ossidazione.
Come agiscono i solfiti negli alimenti
I solfiti, così come altri additivi, svolgono un’azione conservativa, rallentando la crescita microbica e antiossidante, e aiutando a mantenere il colore rosso delle carni. Il loro utilizzo, però, è vietato. Uno studio scientifico pubblicato circa due anni fa ha rilevato, infatti, come i solfiti siano in grado di danneggiare i batteri benefici presenti nell’intestino umano. Questi batteri sono importantissimi per i processi metabolici e la risposta immunitaria dell’organismo, e quando i batteri vengono compromessi l’intero organismo ne risente di conseguenza, risultando più suscettibile alle malattie.
Nella ricerca portata avanti dalla Pusan National University in Corea, è emerso come gli effetti dell’assunzione di solfiti (anche in dosi inferiori rispetto a quelle considerate sicure dalle Agenzie Internazionali) possano avere un grosso impatto su quattro importanti specie di batteri benefici intestinali, portando a una loro drastica diminuzione.
Cosa sono i solfiti, chimicamente parlando
Quando parliamo di solfiti, anche nella carne (e specialmente negli hamburger), ci riferiamo a varie sostanze, ma in primis all’anidride solforosa. L’anidride solforosa (detta anche ossido, biossido o diossido di zolfo) è un gas incolore, dall’odore pungente che risulta, però, avere effetti tossici e allergenici.
Problematiche che i solfiti possono innescare
Quali sono gli effetti indesiderati dei solfiti? Mal di testa, innanzitutto, specialmente nei soggetti sensibili a queste sostanze. Per i soggetti asmatici, infatti, basta un’assunzione di dosi molto basse di solfiti per scatenare reazioni allergiche. Altre possibili manifestazioni? Nausea, vomito, vampate di calore, ipertensione. Ma il dramma non si conclude qui, perché l’anidride solforosa sembrerebbe essere connessa all’azione degradativa a carico della vitamina B1, la cui carenza nell’uomo può provocare significative alterazioni a carico del metabolismo degli zuccheri (fra le prime cause di diabete).