In un precedente articolo abbiamo parlato dei dubbi sui rischi del consumo di carni rosse: una querelle ormai infinita tra chi considera questo tipo di carne un alimento sano e ricco di nutrienti e chi invece sostiene che possa mettere a repentaglio la salute del consumatore. In particolare questo discorso sembrerebbe interessare soprattutto i salumi: insaccati e affettati sarebbero nell’occhio del ciclone per via delle varie lavorazioni, che a livello di grande produzione significano additivi, conservanti e altre manipolazioni. Ma in tutto questo cosa c’entrano i salumi americani? Oggi lo scopriamo insieme.
Salumi sì, salumi no? Dipende da quali
Più o meno tutti coloro che hanno accesso alle notizie ne avranno sentito parlare: qualche anno fa una ricerca ha scosso il mondo alimentare sostenendo che le carni rosse – gli insaccati in primis – sono responsabili dell’aumento di casi di tumore, in particolare al colon-retto. La notizia venne accolta con un certo clamore in campo gastronomico in tutto il mondo, ma ancora più nel nostro paese, che insieme alla Spagna è tra i primi produttori di insaccati di qualità a livello internazionale. Le innumerevoli ricette italiane affondano le radici nell’antica tradizione gastronomica del paese, e pensare che dopo secoli di produzione si venga a scoprire che prodotti amatissimi quali il salame o la mortadella possano essere nocivi per la salute ha dell’assurdo.
E infatti si tratta di una mezza verità, di un’imprecisione almeno sino a prova contraria, perché leggendo meglio si scopre che la ricerca che ha dato questi risultati è stata effettuata su un campione di salumi americani e non europei, tantomeno italiani.
Forse non tutti lo sapranno, ma la differenza tra salumi americani e italiani è immensa: non solo nelle ricette e nel gusto finale, ma anche e soprattutto nei regolamenti e negli standard di produzione.
Differenze tra salumi americani e salumi italiani
La lavorazione delle carni in generale e dei salumi in particolare in Italia e in tutta Europa deve rispettare regole ferree quando si tratta di procedimenti e ingredienti impiegati, norme igieniche e produttive che fanno sì che i prodotti finali sulla nostra tavola siano il più possibile genuini e sani. Questo non è il caso degli USA, dove invece pratiche che qui sono considerate nocive hanno il via libera degli organi di controllo e i prodotti finali sono decisamente diversi da quelli creati con ricette tradizionali europee.
In particolare, per la creazione di salumi nostrani vengono impiegate carni di maiale fresche e di qualità, e gusto e conservazione non sono dovuti a ormoni, additivi e altre sostanze ma alle ricette elaborate e ricche di ingredienti naturali. Le ricette italiane uniscono ingredienti genuini a un procedimento semplice e il più naturale possibile. Per esempio il budello usato per gli insaccati è di derivazione animale esso stesso, e questo aggiunge gusto al prodotto e sfrutta la creazione di muffe particolari e positive, che aiutano lo sviluppo dell’insaccato finale.
I procedimenti produttivi tradizionali devono essere rispettati in tutti i prodotti IGP e DOC, ma il livello qualitativo viene mantenuto alto dai regolamenti europei anche in tutte le preparazioni e specialità che non si fregiano di un marchio territoriale.
Questo non vale per i salumi americani. Oltreoceano le carni rosse possono essere trattate con ormoni, antibiotici, vengono impiegati budelli sintetici contenenti plastica e altri elementi potenzialmente nocivi per la salute umana, come ftalati e adipati, e addirittura è consentito l’uso dell’arsenico.
I dati sono da rivedere
Secondo quanto appena esposto, sarà chiaro come mai abbiamo parlato di mezza verità: i campioni della ricerca sono stati basati su salumi americani, decisamente diversi da quelli italiani ed europei perché prodotti secondo canoni di qualità e genuinità di molto inferiori. Per questo i dati non possono essere applicati ai prodotti europei e della tradizione italiana: esagerare non è mai saggio, ma un consumo controllato di salumi nostrani di qualità non è nocivo.